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10/09 2024
Cultura

Vizi inaspettati dei milanesi del Seicento: parola agli scheletri della Ca’ Granda

— di Ilaria Coro, con la consulenza di Paolo Galimberti, responsabile dei Beni Culturali del Policlinico di Milano

τηρέω (terèo) è un termine greco antico che porta in sé diversi significati: prendersi cura ma anche custodire. Un verbo che racchiude la natura del Policlinico di Milano, nato nel 1456 con il nome di Ospedale Maggiore. Sì, perché con spirito caritatevole, oltre ad assistere gli ammalati, nei secoli scorsi si è preso cura dei loro corpi dandogli una degna sepoltura. Oggi ossa e resti custoditi nel tempo ci stanno “spifferando” particolari di una Milano inaspettata.
Segreti svelati grazie alle ricerche di archeologi e antropologi dell’Università degli Studi di Milano, guidati dalla professoressa Cristina Cattaneo. L’ultimo studio - pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Archaeological Science - ha persino cambiato la storia di una droga dimostrando come già nel Seicento i milanesi facessero uso di cocaina e smentendo così il suo arrivo in Europa solo dopo il 1859.

Ma dov'è custiodito tutto questo? Nascosta tra il colonnato del cortile d’onore dell’Università degli Studi di Milano - ex Ospedale Maggiore Policlinico - c’è una chiesa molto speciale, che conserva nella sua cripta-sepolcreto, segreti rimasti nell’ombra, ma in grado di aggiungere preziosi tasselli al complesso puzzle della storia di Milano.

Qui venivano deposti i corpi dei pazienti deceduti tra il 1637 e il 1695, quando per mancanza di spazio, è necessario costruire un nuovo sepolcreto: il Cimitero di San Michele ai Nuovi Sepolcri, noto oggi come "la Rotonda della Besana".

Durante le Cinque Giornate di Milano (1848) le camere sepolcrali,trasformate poi in un mausoleo per i patrioti milanesi, vengono successivamente riaperte per seppellire i caduti vista l'impossibilità di raggiungere cimiteri esterni durante lo stato di assedio. Nel 1895, con il trasferimento dei resti al Monumento delle Cinque Giornate, il sepolcreto viene nuovamente abbandonato.

Fino al 2009 quando, sotto l’impulso di Paolo Galimberti, responsabile dei Beni Culturali dell’Ospedale, inizia il restauro della cripta (concluso nel 2013). E proprio in questi anni, archeologi e antropologi dell’Università degli Studi di Milano incominciano a studiare milioni di ossa custodite per secoli nel sepolcreto della cripta.
Dagli scheletri emerge che chi è sepolto qui sono uomini e donne poveri ma laboriosi che soffrivano di malattie degenerative e articolari causate da lavori molto pesanti. Si trovano persone decedute per infezioni, traumi da cadute, attività faticose o violenze (anche se le lesioni da arma bianca come pugnali, baionette, coltelli o spade sono poco frequenti). Gli studi evidenziano come la loro dieta sia a base soprattutto di cereali e legumi. Unghie e capelli rivelano inoltre la presenza di metalli pesanti, anestetici e antidolorifici derivanti dall’oppio e dal giusquiamo nero, nota per essere un’erba magica.

Ma non è finita… l’analisi di campioni di osso femorale rivelano anche la presenza di Cannabis. Questa pianta però non è presente negli archivi storici della farmacia dell'Ospedale, suggerendo un uso non terapeutico ma a scopo ricreativo o come automedicazione, per dare sollievo dai dolori fisici. Un recente studio ha evidenziato come nel tessuto cerebrale di 2 cadaveri del sepolcreto ci siano tracce di igrina, una molecola estratta dalle foglie della coca, da sempre considerata relegata al Sudamerica fino al 1859. Una scoperta che indica in modo inequivocabile il consumo di questa droga già in tempi non sospetti.

Siamo molto orgogliosi di poter contribuire ad arricchire la storia di Milano con inaspettati dettagli. Il particolare microclima all’interno del sepolcreto ha permesso la conservazione non solo di ossa, ma anche di frammenti di encefalo: una condizione rarissima che permesso di ottenere preziose nuove informazioni. Ad esempio, sapere che facessero uso di queste droghe dimostra come i milanesi del Seicento - con carestie, pestilenze, povertà - se la passassero peggio dei concittadini del Medioevo. I consumatori erano soprattutto poveri. La Ca’ Granda - la Grande Casa - come è stato ribattezzato l’Ospedale Maggiore – era infatti un’istituzione pubblica che forniva accoglienza e assistenza medica gratuita a tutti, anche ai più bisognosi” spiega di Paolo Galimberti, responsabile dei Beni Culturali del Policlinico di Milano.

Chissà quanti segreti ci potranno rivelare ancora gli scheletri della Ca’ Granda...


Forensic toxicology backdates the use of coca plant (Erythroxylum spp.) in Europe to the early 1600s