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09/09 2022
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#RICERCA. Stimolare il cervello per sconfiggere i disturbi alimentari: un nuovo progetto coordinato dai ricercatori del Policlinico di Milano

— di Ilaria Coro

Intervenire in modo non invasivo e praticamente senza effetti collaterali, sulle cause neurobiologiche dei disturbi alimentari per potenziare le cure soprattutto delle forme più resistenti e complesse: è il focus del progetto del Policlinico di Milano.

C’è un’epidemia silenziosa, che colpisce l’anima oltre che il corpo: è quella dei disturbi del comportamento alimentare (DCA), malattie complesse ma da cui si può guarire. Sono oltre 3milioni gli italiani che convivono con i DCA, patologie che causano 3mila morti ogni anno perché molto spesso sottovalutati o addirittura negati da chi ne soffre, ritardando l’inizio delle cure. Infatti, è fondamentale farsi aiutare il prima possibile da specialisti. Spesso, è necessaria la sinergia di molte figure: lo psicoterapeuta per la terapia psicologica, lo psichiatra per la terapia farmacologica, il dietista.

Per capire come rendere più efficaci le attuali terapie, è nato il progetto del team della Psichiatria del Policlinico di Milano, diretta da Paolo Brambilla. Lo studio è frutto della collaborazione con il team della Medicina Generale - Immunologia e Allergologia del Policlinico di Milano, guidata da Nicola Montano, professore ordinario di Medicina Interna dell’Università degli Studi di Milano. Il progetto consentirà di valutare quanto le innovative tecniche di neuromodulazione migliorino il benessere dei pazienti con forme complesse di bulimia e di disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder) in aggiunta alla terapia standard. Recenti studi, infatti, hanno dimostrato che queste tecniche possono agire sull’attività dei centri del cervello che giocano un ruolo nei DCA. Il sistema nervoso, infatti, è un tessuto elettrico, eccitabile in risposta a stimoli elettromagnetici. Modulare l'attività cerebrale con tecniche come la stimolazione magnetica transcranica (TMS) o la stimolazione vagale non invasiva transauricolare (tVNS) potrebbe potenziare le attuali terapie.

“Si tratta di due tecniche sicure e non invasive. Il presupposto è che il disturbo alimentare, oltre che risvolti psicologici, abbia basi neurobiologiche, e il primo passo è tentare di ripristinare quel bilanciamento che è venuto a mancare. Inoltre, vogliamo verificare se queste tecniche riducano anche i sintomi depressivi associati al disturbo alimentare, e il loro impatto sul sistema nervoso autonomo e sui parametri infiammatori. Molti studi infatti hanno dimostrato che in questi pazienti i livelli di infiammazione sono alterati” spiega Paolo Brambilla, responsabile dello studio e professore ordinario di Psichiatria dell’Università degli Studi di Milano.